Il legame stretto tra tiroidei microbi otta intestinale: asse intestino tiroide.

IL LEGAME STRETTO TRA TIROIDE E MICROBIOTA INTESTINALE:

Asse-Intestino-Tiroide

Diana YEDID, Senior Scientific and Managing Director of DyD Medicina Integrativa®; Gianfranco DI PAOLO, Medico chirurgo, esperto in Omeopatia

   immagine fonte: Ordine Professioni Infermieristiche – Bologna – https://www.ordineinfermieribo- logna.it/2017/con-tiroidite-autoimmune-rischio-piu-alto-di-comparsa-altre-malattie-autoim- muni.html –

INTRODUZIONE

Sappiamo ancora poco sul ruolo della componente microbica intestinale nel regolare la funzionalità della ghiandola tiroidea e quindi sul rapporto tra microbiota e tiroide.

Si avanza l’ipotesi che possa esistere un asse-intestino-ti- roide così come esistono:

• un asse-intestino-cervello,

• un asse-intestino-fegato,

• un asse-intestino-cuore,

• un asse-intestino-polmone.

Analizziamo le attuali conoscenze sui collegamenti tra microbiota intestinale e tiroide:

• Tiroide, ormoni e patologie

La ghiandola tiroidea è responsabile del rilascio di due importanti ormoni, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), che si distinguono dagli altri ormoni circolanti per il loro contenuto in iodio. La T3 è la forma attiva dell’ormone e costituisceil20%delprodottototaledellatiroide.L’80% viene mantenuto nella forma T4, pronta ad essere conver- tita in T3 secondo le necessità dell’organismo.

La tiroidite cronica è la malattia autoimmune più frequente al mondo, causata da un processo infiammatorio che porta alla distruzione dei follicoli tiroidei che interessa dal 5 al 15% della popolazione femminile e dall’ 1 al 5% della popolazione maschile. Fa parte delle cosiddette ATD (Autoimmune Thyroid Diseases) che distinguono due forme principali: il morbo di Basedow e la tiroidite cronica autoimmune (TCA).

• Collegamento tra microbiota intestinale e tiroide

Il collegamento tra microbiota intestinale e tiroide fu ipotizzato per la prima volta nei primi dello scorso secolo quando il ricercatore A. Lane che si soffermò sugli effetti tiroidei dell’accumulo di tossine conseguente alla stipsi.

immagine fonte: Microbiologia Italia-

https://www.microbiologiaitalia.it/ batteriologia/microbiota-intestinale-e-funzione-tiroidea/

In tempi più recenti sono state dimos- trate alterazio- ni del microbio- ta in relazione a casi di ipoti- roidismo.

       L’assorbimento dello iodio sembrerebbe legato alla composizione del microbiota: studi condotti su animali dimostrano come questo micronutriente sia assorbito più lentamente a livello intestinale in presenza di un trat- tamento antibiotico, tuttavia, tale dato, non è risultato uniforme nei vari studi condotti. Sembrerebbe esiste anche un rapporto fra microbiota intestinale e selenio; il selenio, assorbito principalmente nel duodeno e nel cieco, è presente a concentrazioni sensibilmente più alte nella tiroide rispetto al resto dell’organismo. Il selenio non as- sorbito nell’intestino tenue viene metabolizzato dai batteri residenti nel colon, uno studio recente mostra come una dieta arricchita con selenio sia in grado di aumentare la biodiversità del microbiota intestinale.

Più dibattuta, invece, è l’influenza del microbiota sui pro- cessi metabolici legati alle iodotironine: l’affinità di questi ormoni con i batteri intestinali è stata dimostrata fin dagli anni sessanta e confermata più tardi attraverso studi su animali. Quando la barriera intestinale non funziona bene si può verificare una permeabilità che potrebbe essere alla base di numerose malattie autoimmuni. Alcunistudihannomessoinevidenzacomelepersone con problemi di tiroide abbiano più facilmente un’incli- nazione a soffrire di malattia celiaca (alcuni studi hanno evidenziato che il Morbo di Graves aumenti di cinque volte il rischio di soffrirne) o di sindrome da intestino irri- tabile (collegata con chi soffre di tiroidite di Hashimoto).

• Microbiota e tiroide: ipertiroidismo e ipotiroidismo

I clinici hanno da tempo riconosciuto come gli ormoni tiroidei abbiano alcuni effetti sul tratto gastrointestinale. Una ricerca del 2014 ha mostrato come le persone che soffrono di ipertiroidismo abbiano in media molti meno Bifidobatteri e Lattobacilli (buoni) e molti più Enterococchi (dannosi) rispetto alle persone sane. Questo studio mos- tra la caratterizzazione del microbiota intestinale nell’iper- tiroidismo. La natura dell’ipotiroidismo è nella maggioranza dei casi di tipo autoimmune, e dato che il microbiota è coinvolto in numerose altre malattie autoimmuni, è molto probabile che la disbiosi svolga un ruolo importante anche nelle malattie della tiroide.

Si evidenzia come l’ intestino sia un sito importante per la produzione di ormoni tiroidei bioattivi e come la dis- biosi possa determinare un malfunzionamento del nor- male asse intestino-fegato ed una minore conversione dei precursori ormonali nella forma attiva T3; questa è una delle evidenze che suggeriscono un collegamento tra microbiota intestinale e tiroide. Alcune evidenze, inoltre, indicano come il microbiota sia in grado di provocare direttamente la deiodinazione degli stessi ormoni tiroidei come avviene fisiologicamente nel nostro corpo. Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che l’esposizione a molecole batteriche dette LPS, componente della parete cellulare dei batteri, durante le infezioni può contribuire ad un abbassamento dei livelli ormonali tiroidei inibendo la conversione della forma inattiva T4 nella forma attiva T3.

Quando si presenta un’infiammazione intestinale, come per esempio nella disbiosi, i villi si atrofizzano e non sono più in grado di assorbire nutrienti essenziali per l’orga- nismo umano. Nel momento in cui l’intestino diventa più permeabile, perdendo la sua selettività, l’LPS di origine microbica può infiltrarsi nel flusso sanguigno danne- ggiando la tiroide. Una delle azioni dell’ LPS è quella di diminuire uno speciale enzima, l’enzima deiodinasi, deputato alla produzione di T3 libero che va in circolo.

Questi effetti sono mediati da processi complessi non solo a livello tiroideo, dove avviene la captazione dello iodio necessario per la sintesi degli ormoni, ma anche a livello del fegato, dove avviene la conversione dell’or- mone T4 in T3, e del sistema nervoso, da cui partono gli stimoli per la sintesi del TSH. Affinché le ghiandole del nostro organismo funzionino bene, è necessario che vi sia un buon assorbimento intestinale dei nutrienti. Infatti, elementi come lo iodio e il selenio, fondamentali per la salute della tiroide, vengono assorbiti dall’organismo tramite i villi intestinali, che sono la struttura funzionale di assorbimento che caratterizza l’intestino.

La tiroide possiede la più alta concentrazione per grammo di selenio dell’intero organismo, ma è stato stimato che 1⁄4 dei batteri intestinali possiede i geni che codificano per le selenio-proteine (E. coli, Clostridia, Enterobacteria). Uno studio del 2016, ha messo in evidenza come il selenio non assorbito a livello del piccolo intestino venga metaboliz- zato a livello colico dai batteri ivi residenti (meccanismo di competizione per substrato tra ospite e ospitante). Un incremento della captazione di selenio ad opera dei batteri intestinali può influenzare negativamente la sintesi di selenio proteine da parte dell’ospite.

In questo caso la tiroide sarà esposta ad un maggiore stress ossidativo (per carenza della tioredossina re- duttasi) mentre a livello periferico si avrà un deficit di conversione dell’FT4 in FT3 per carenza di deiodinasi. La metabolizzazione degli acidi biliari prodotti nella cisti- fellea da parte dei batteri intestinali invece aumenterebbe l’attività di questo enzima. Gli acidi grassi a catena corta (SCFA), tra i principali prodotti del metabolismo microbi- co a livello intestinale, sono coinvolti nella formazione e nella funzione degli ormoni tiroidei, dimostrando in ma- niera chiara come vi sia una correlazione tra microbiota intestinale e tiroide.

ANALISI DI UNO STUDIO RECENTE

È stata pubblicata una revisione della letteratura dedicata alla relazione fra microbiota e malattie della tiroide. Fra

gli argomenti trattati c’è quello dell’influenza delle mo- dificazioni del microbiota su patologie come la tiroidite di Hashimoto e la malattia di Graves.

Varie linee di ricerca mirate hanno valutato gli effetti di fattori ambientali sullo sviluppo e sull’andamento delle malattie autoimmuni. Se inizialmente si è puntata l’attenzione soprattutto su fattori relativi all’ambiente esterno all’organismo, più di recente si è cominciato a considerare quello interno e, in particolare, sull’insieme di microrganismi che costituiscono il microbiota intes- tinale. È ormai noto come il microbiota sviluppi rapporti strettii, e in continua evoluzione, con il sistema immu- nitario dell’organismo umano fin dai primi mesi di vita, modulando ad esempio, l’attività dei linfociti T e il rilascio delle citochine dalle quali dipende la risposta immunitaria, normale o patologica. Molte evidenze hanno posto in relazione le alterazioni del microbiota con la comparsa di malattie autoimmuni di vari organi e apparati. Le due principali patologie autoimmuni della tiroide sono la ti- roidite di Hashimoto e la malattia di Graves. Nella prima i danni a carico delle cellule della ghiandola provocano ipotiroidismo, a volte con andamento subclinico. Nella malattia di Graves gli autoanticorpi si legano ai recettori della tireotropina, stimolando la produzione di quantità eccessive di ormoni della tiroide. Ricerche di laboratorio hanno dimostrato come modificazioni della quantità o del tipo dei microrganismi che compongono il microbiota siano in grado di modificare i meccanismi di autoimmu- nità caratteristici della tiroidite di Hashimoto e, secondo alcuni autori, influirebbero sulla risposta della malattia di Graves ai farmaci antitiroidei. Un’altra relazione ge- nerale che è stata individuata è quella fra microbiota e cancro. Infatti, le alterazioni dei microrganismi presenti nell’intestino, oltre a favorire l’infiammazione, possono anche promuovere modificazioni cellulari che sono alla base dello sviluppo delle neoplasie. Se per alcuni tipi di tumori si sono raccolte evidenze convincenti in proposito, non sono conclusive quelle che riguardano il carcinoma della tiroide.

I meccanismi che sono stati proposti sono due: l’effetto di ceppi di batteri sulla stabilità del DNA delle cellule

• effetto di ceppi di batteri sulla stabilità del DNA delle cellule,

• la capacità di certi microrganismi di influenzare le risposte del sistema immunitario che distruggono le cellule neoplastiche.

Nella revisione si citano due studi che hanno valuta- to il rapporto fra microbiota e noduli benigni o maligni della tiroide. I riscontri raccolti suggerirebbero come specifiche modificazioni qualitative e quantitative del microbiota caratterizzino i soggetti normali e quelli con noduli benigni o maligni.

Nelle conclusioni gli autori hanno segnalato come molte evidenze concordino nell’indicare che alle malattie au- toimmuni della tiroide e alle neoplasie della ghiandola si associno specifiche modificazioni del microbiota e che future ricerche dovranno chiarire se si possa intervenire su quest’ultimo per prevenire o curare le patologie in questione.

  immagine fonte: Dica33- https://www.dica33.it/notizie/38175/microbiota-disbiosi-gli-effetti-po- sitivi-del-peperoncino.asp

CONCLUSIONI

Se è vero che i batteri intestinali possono interferire con la captazione dello iodio e del selenio, allora la ricerca di uno stato di eubiosi riveste un ruolo chiave nel trattamento dei soggetti con patologie tiroidee. I disturbi intestinali con un incremento della permeabilità intestinale ed in- filtrazione immunitaria possono aumentare il rischio di tiroidite autoimmune.

In merito, i meccanismi ipotizzati riguardano l’attivazione dei linfociti e l’amplificazione dei processi autoimmuni a causa dello stato infiammatorio, che a sua volta è soste- nuto anche dal microbiota intestinale.

Inoltre si ipotizza come in condizioni di disbiosi avvenga la modificazione delle proteine intestinali da parte degli enzimi batterici con la formazione di nuove strutture potenzialmente immunogeniche e, quindi, promotrici dell’autoimmunità. Un altro meccanismo potrebbe ri- siedere nella forte somiglianza tra gli antigeni esterni e quelli tiroidei, e come il sistema immunitario potrebbe confondere con i primi.

Secondo i ricercatori, in definitiva, il rapporto fra micro- biota intestinale e tiroide è ben lontano dall’essere com-

preso del tutto: se da un lato esistono numerose evidenze a sostegno di un ruolo del microbiota nel metabolismo delle iodotironine, dall’altro sono necessarie maggiori indagini per comprenderne l’influenza sull’equilibrio della tiroide nel suo complesso.

La disbiosi intestinale indotta da fattori esterni come: • la dieta,

• le infezioni,

• l ́uso eccessivo di antibiotici

porti a una risposta infiammatoria che influenza l’esito di diverse malattie autoimmuni come la malattia di Graves e la tiroidite di Hashimoto,

In conclusione, affrontare le disfunzioni della tiroide non vuol dire semplicemente concentrare l ́attenzione solo sulla ghiandola, ma prendere in considerazione i nume- rosi fattori che ne sono alla base.

E’ importante capire la funzione delle molecole conos- ciute come acidi grassi a catena corta (SCFA) come:

• il butirrato,

• il propionato

• l ́acetato di produzione microbica

modulino il sistema immunitario promuovendo un’azione antinfiammatoria e modificando la composizione del microbiota che, in tal modo, influenza l’equilibrio delle cellule Treg e Th17 nell’intestino. Quindi, alla luce di tutte le considerazioni fatte, possiamo concludere che, la mo- dulazione del microbiota intestinale in un paziente che soffre di malattia tiroidea, potrebbe essere considerata una interessante strategia terapeutica promuovendo una risposta antinfiammatoria da parte dell ́ospite.

     FONTE: The Human Microbiota in Endocrinology: Implications for Pathophysiology, Treatment, and Prognosis in Thyroid Diseases; Frontiers in Endocrinology, 11:586529.

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